La talpa di Stella d’Italia

14 Dicembre 2015: FONTE -Unione Stella d’Italia-

Anche noi di Stella d’Italia abbiamo una talpa oppure, per dirla meglio, un infiltrato. Lo chiameremo Mefisto come il passamontagna che le Unità Speciali delle Forze dell’Ordine indossano per proteggere le loro identità e di lui diremo solamente che è un iscritto all’Unione Stella d’Italia e che è un funzionario importante di una Banca che non gradisce che i suoi funzionari rilascino interviste o scrivano articoli.

Mefisto scrive circa il mio ultimo articolo “Europa e Banche” e aggiunge alcuni particolari molto importanti:

Caro Andrea. Ho letto l’articolo che necessita di qualche integrazione e spiegazione vista l’eterogeneità della platea.Condivido pienamente il giudizio sull’inopportunità, per le caratteristiche storiche del nostro tessuto economico e sociale, di aderire ad un’Europa priva di un nobile disegno politico, ma ostaggio della situazione creata negli ultimi decenni dalla finanza oligarchica più becera e quindi preda delle sue ulteriori bramosie di potere.

Non bisogna dimenticare che prima dell’attuale vicenda che ha coinvolto le quattro banche italiane, i contribuenti europei (e quindi anche italiani) sono stati chiamati dal 2010 ad uno pseudo-salvataggio della Grecia che in realtà aveva il principale scopo di salvare le banche più esposte in tale nazione, guarda caso banche francesi e tedesche.
Nel 2009 gli Stati europei non risultavano esposti direttamente verso la Grecia,  mentre risultava molto evidente la differenza di esposizione in miliardi di dollari dei loro sistemi bancari:  Francia 78,8    Germania 45    Olanda 12,21  Italia 6,8.
Il salvataggio della Grecia effettuato con soldi pubblici dagli stati europei ha comportato un piccolo miracolo. Ecco infatti come si presentava nel 2014 l’esposizione complessiva (Stato + banche) in mld. di dollari verso la Grecia:  Francia 48,37   Germania 75,25   Olanda 14,28   Italia 41,93.
Considerando che senza tale intervento le banche francesi e tedesche, e non parliamo di banche secondarie, avrebbero seriamente rischiato di fallire, appare evidente chi ci abbia rimesso nella manovra…
Questa precisazione per significare che in effetti, finanziariamente,  il sistema bancario italiano era molto più sano di quello delle nazioni blasonate europee.
Passando al tema dei titoli subordinati bancari e del bail-in non va dimenticato ciò che fece ad inizio 2013 il signor  Jeroen Djsselbloem, ministro delle finanze olandesi e presidente dal 2013 dell’eurogruppo (gruppo informale in cui si riuniscono i ministri delle finanze dei paesi che adottano l’euro) nonché presidente del consiglio dei governatori del Meccanismo europeo di stabilità (cd MES o ESM): con un colpo di mano  nazionalizzò la SNS, quarta banca olandese, ( rating BBB+ di Fitch ovvero investiment grade e in linea con i requisiti di Basilea con parametro di solidità Core Tier 1 9,6).
Si trattò quindi di una manovra preventiva per evitare un peggioramento dei conti della Banca che l’avrebbe potuta portare in stato di dissesto. Il risultato fu l’azzeramento dei prestiti subordinati della Banca (in mano anche a risparmiatori italiani) ed un tentativo da parte del governo olandese, subito rientrato, di coinvolgere anche nella manovra le obbligazioni cd. senior.
Prima ancora del simpatico olandese, nel 2011, avevano fatto analoghi interventi le banche Irlandesi (tutto sulla scia del politically correct) rimborsando un centesimo ai possessori di titoli subordinati. Si trattava di titoli che non avrebbero dovuto essere venduti a investitori cd. retail, ma sia in Europa, sia in Italia sono rimasti coinvolti piccoli risparmiatori.
Esaminando meglio il fenomeno titoli subordinati,  va preso atto innanzitutto che all’estero tali titoli circolano molto meno in mano a piccoli risparmiatori in quanto tali soggetti si rivolgono per i loro investimenti prevalentemente a forme di investimento collettivo (es. fondi comuni o sicav) che acquistano a loro volta tali titoli subordinati in quantità (si spera…) omeopatiche rispetto al portafoglio complessivo gestito, in modo che eventuali perdite prodotte da tali investimenti siano ragionevolmente assorbibili dalle componenti positive del fondo.
Limitandoci al fenomeno italiano va innanzitutto rilevato che  impedire quanto è successo è semplicissimo: esiste un’autorità europea, l’ ESMA (una sorta di super Consob europea) che dispone di poteri che l’autorizzano a limitare la vendita di titoli laddove si ritenga che esistano giustificati motivi di tutela degli investitori o del mercato.
Nel marzo scorso, avvalendosi in ambito locale per ogni  singola nazione delle rispettive autorità equivalenti alla Consob, è stata proibita la vendita ai clienti retail dei cosiddetti CoCo bons (Contigent Convertible  ovvero obbligazioni ibride convertibili che in determinate condizioni si trasformano in azioni). Con analogo provvedimento si potrebbe quindi prevedere che tale divieto valga anche per i titoli subordinati.
Ovviamente questo non accade in quanto il sistema bancario ha bisogno di emettere tali titoli per il proprio  funding e se dovesse indirizzare tali titoli solo a investitori esclusivamente istituzionali o professionali dovrebbe sostenere un costo nettamente superiore perché  troverebbe nel possibile acquirente un soggetto in grado di valutare i rischi dell’investimento e quindi disposto ad investire solo a fronte di una giusta prezzatura del rischio  dell’emittente (ergo maggiore remunerazione per l’investitore e maggiore costo per la banca emittente).
Ed è sintomatico che Consob, proprio nel luglio scorso, nel recepire una raccomandazione  ESMA sui cosiddetti prodotti complessi, abbia comunicato alle banche un elenco di tipologie di strumenti finanziari considerati inadatti ai clienti retail ed abbia  raccomandato agli intermediari di creare appositi presidi a tutela del cliente laddove dovessero essere commercializzati. Stranamente, in questo elenco che comprende ben dodici tipologie di prodotti considerati complessi, i titoli subordinati non figurano…
E’ indubbio che le pressioni commerciali abbiano indotto operatori bancari  ad offrire titoli della specie a soggetti che non ne hanno compreso i rischi, ma, memore di pregresse esperienze che hanno riguardato investimenti in titoli terminati in default, vi è il rischio concreto che  eventuali rimborsi da parte dello Stato o delle Banche vadano nelle tasche sbagliate di spregiudicati investitori piuttosto che in quelle di sprovveduti anziani inconsapevoli.
Ad esempio oggi ho sentito che Renzi ha considerato da privilegiare per eventuali rimborsi chi ha acquistato obbligazioni subordinate da più tempo:   è una grossa castroneria perchè anni fa non esisteva ancora la problematica del bail-in, non vi erano precedenti di fallimenti bancari e quindi si poteva presumere una maggiore buona fede nella fase di vendita del titolo e perché  il cliente ha beneficiato in questi anni di tassi fuori mercato rispetto a quelli di altri investimenti.
Da considerare che una parte del buco prodotto dalle quattro banche democratiche è accollato al resto del sistema bancario ove vi sono anche banche (ancora) sane che devono pagare per la disonestà e, ad essere benevoli,  l’incompetenza di alcuni che non pagano mai.
Mefisto

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