Europa e banche

12 Dicembre 2015: FONTE Unione Stella d’Italia-

E alla fine il cerino in mano l’hanno avuto i soliti, pensionati, piccoli risparmiatori, umili. gli altri, i grandi clienti, sono stati avvertiti e si sono premuniti per tempo salvando i loro capitali, spesso non formati tramite quarant’anni di lavoro ma frutto di rendite e speculazioni che li hanno resi non solo ricchi ma anche abili nel capire e gestire come navigare nel mare procelloso della finanza.

Mi dicono sia normale e che ognuno di quegli sfortunati investitori di piccolo, minuscolo, cabotaggio sia stato debitamente informato dei rischi che correva, cosa di cui dubito ovvero: non dubito che gli sia stato detto qualcosa tra le righe di un lungo discorso rassicurante e non dubito che gli sia stato fatto compilare, con l’assistenza di un solerte funzionario pagato per rastrellare credito, il modulo di valutazione dei rischi obbligatorio per stabilire a quale livello di rischio si possono sottoporre gli investitori. Tutto, quindi, regolare.

Se informo, magari in maniera obliqua, uno del fatto che mi sta affidando i propri risparmi e che potrei farglieli perdere allora ho le mani libere, legalmente, e mi spoglio di ogni responsabilità tranne che di quella morale che, nel mondo bancario e della finanza, ha un valore molto relativo.

Mi viene allora da pensare all’Europa perché le regole del mondo della finanza, le varie compliance e basilee sono state dettate dai soloni europei e, più ce dettate, imposte. Indubbiamente i legislatori europei hanno tenuto conto, in prima analisi, di un tipo di risparmiatori diversi da quelli italiani. La specificità italiana è stata, storicamente, quella di una grande propensione al risparmio  questo ha significato che anche lavoratori e pensionati di non grandi introiti hanno a disposizione somme appetibili per gli squali della finanza cosa che non avviene nel resto d’Europa dove ci sono più cicale che formiche. Ne consegue che l’investitore medio europeo è più preparato in quanto non si tratta, tipicamente, di un pensionato o di un lavoratore dipendente ma di un imprenditore e, spesso, di un vero e proprio operatore finanziario che fa della finanza una fonte di reddito primaria e non un riempitivo per la pensione o il salario.

Questo non significa che si possa impunemente gabbare l’europeo con prodotti finanziari a rischio ma che l’europeo non italiano è più consapevole di quanto sta facendo e, se accetta il rischio, lo fa in maniera totalmente indipendente dai “buoni” consigli di chi è pagato per fare gli interessi del proprio istituto di credito.

E allora che facciamo? Basta questa considerazione a risanare le perdite dei pensionati che si sono affidati alle loro banche locali che, già in crisi, hanno avuto l’input della Consob di cercare di uscirne tramite un aumento di capitale e che hanno quindi spinto l’acceleratore cercando di rifilare le loro obbligazioni a chiunque, ignorate della pericolosità di quanto stava facendo, le comprasse? No, è sempre l’Europa a dettare le regole e le regole sono chiare, chi ha avuto a avuto e chi ha dato ha dato: niente aiuti di stato per chi ci ha rimesso i risparmi di una vita.

Entrando in Europa abbiamo accettato di seguire regole non nostre e oltretutto regole pensate per situazioni diverse dalle nostre. L’Italia, paese di piccoli imprenditori e di artigiani ha subito dei danni ingenti dalle regole comunitarie. Le rigidità bancarie hanno devastato un sistema che magari non era elegante e che andava avanti con gli scoperti bancari ma che funzionava e l’agricoltura ha anch’essa subito gli effetti negativi di essere strutturata su piccole scale e quindi priva delle capacità organizzative e strutturali di quella del resto d’Europa che lavora su basi più grandi. E, dulcis in fundo, nel mondo della finanza ecco che gli ingenui piccoli risparmiatori italiani sono facili prede della rapacità degli operatori finanziari che lavorano in base al seguente assioma: la ricchezza non si moltiplica, si sposta da uno all’altro e quello che perdi tu, lo guadagno io.

La problematica è stata anche peggiorata dalla decisione illogica e superficiale del “salvatore dell’Italia” Monti che, nel 2011/2012 si rifiutò di costituire una “Bad Bank” che avrebbe avuto il compito di assorbire le passività de le sofferenze del sistema bancario rendendo quindi più sano il comparto, cosa che a quei tempi era ammesso fare dalle regole europee e che, infatti, fece la Spagna di Rajoy sanando così il sistema bancario iberico. Monti scelse di non aderire al progetto della Bad Bank sostenendo che il sistema bancario italiano, a differenza di quello spagnolo, non ne aveva bisogno e il risultato lo vediamo oggi.

Urge quindi ripensare alla accettazione supina delle regole europee, le stesse che minacciano non solo il lardo di Colonnata o altre lavorazioni artigianali tipiche della gastronomia italiana ma anche e soprattutto il nostro benessere perché oggi noi ci troviamo, come il Don Abbondio del Manzoni, ad essere vasi di coccio tra vasi di ferro.

Andrea Marrone

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Commenti

1 commento

  1. Fallimento delle banche

    Spero che da questa breve esposizione del mio pensiero non emerga troppo la mia ignoranza in materia bancaria, ma forse, proprio perché disconosco la materia, il mio contributo potrebbe essere più populista, genuino e più comprensibile alle numerose persone che come me non hanno mai investito soldi o maneggiato prodotti bancari. La notizia riporta in questi giorni che, a seguito del fallimento di quattro (piccole) banche alcuni risparmiatori, dopo aver investito i propri risparmi in obbligazioni subordinate, hanno perso tutto e, sentendosi truffati, adesso chiedono l’intervento del Governo per sanare la situazione con lo stanziamento di un fondo di solidarietà.
    Analizzerò la notizia per punti.
    1. Quattro banche che falliscono. Ho sempre vissuto nella errata convinzione che una banca non potesse fallire data la quantità di soldi che maneggia. La notizia che ne siano fallite ben quattro contemporaneamente ha già di per sé dell’incredibile! Sono però convinto che se una banca fallisce è perché, oltre alla dimostrata e indiscussa incapacità di gestione dei suoi amministratori, l’organo pubblico di vigilanza – ossia la Banca d’Italia – non ha svolto bene il compito di controllore.
    2. Obbligazioni subordinate. Ne ignoravo l’esistenza fino a pochi giorni fa. Facendo una semplice ricerca su internet apprendo che : “ le obbligazioni subordinate sono una speciale categoria di obbligazioni il cui rimborso, nel caso di problemi finanziari dell’emittente avviene successivamente a quello dei creditori ordinari. I loro tassi di rendimento, dato il rischio più elevato, sono più alti delle altre obbligazioni.” Penso che anche l’investitore meno accorto sia a conoscenza della regola aurea del mondo finanziario: i tassi di rendimento sono strettamente correlati con la pericolosità degli investimenti: più l’investimento è rischioso più i tassi di rendimento sono alti. I risparmiatori che sono incappati in questi “prodotti finanziari” incriminati quando hanno appreso che i loro tassi di rendimento erano più alti di altri prodotti non si sono chiesti il perché? Hanno voluto rischiare e gli è andata male. Ma se gli fosse andata bene? Sicuramente non ne avremmo mai sentito parlare.
    3. Truffa da parte delle banche. Ho appreso che i prospetti di emissione di queste obbligazioni molto spesso sono scritti in un linguaggio comprensibile a pochi addetti, in molti casi in inglese, con una terminologia che fa riferimento al codice civile e alla normativa bancaria. È probabile che qualche operatore trovandosi davanti la sciura Maria abbia approfittato disonestamente della complessità della materia, nascondendo la situazione patrimoniale della banca, in modo da rifilare questi prodotti scadenti e pericolosi.
    4. Lo Stato deve farsi garante dei risparmiatori. Alla luce di quanto esposto il mio pensiero in merito è il seguente:
    • dato che la Banca d’Italia ha dormito
    • considerato che molti risparmiatori si sono fatti guidare dalla bramosia di un guadagno più alto
    • tenuto conto che se il risparmiatore riesce a dimostrare che è stato oggetto di raggiro o truffa da parte degli operatori finanziari gli va in soccorso il codice penale (denunciando all’Autorità Giudiziaria il tutto)
    il Governo non deve stanziare in modo assoluto un solo euro per sanare questa situazione perché non trovo moralmente corretto che l’intera collettività si debba fare garante di errori di pochi, istituendo un fondo di solidarietà per gli obbligazionisti “truffati”, anche se, come recita l’Art. 47 della Costituzione “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.”
    Mi sembra che la collettività si faccia già carico di troppi errori di gestione della finanza commessi da stati (vedi salvamento della Grecia) e istituzioni nazionali ed esteri. Può bastare. L’unico organo dello stato che deve intervenire deve essere la Magistratura. Mi dispiace per la deriva tragica a cui la questione delle quattro banche fallite ha portato e forse porterà, ma non ci si può far carico di tutti i problemi, soprattutto se potevano essere prevedibili.
    La cosa che invece mi desta più preoccupazione è il fatto che i maggiori creditori delle banche siano altre banche e che si inneschi un effetto domino che potrebbe mettere in difficoltà il sistema bancario italiano pur solido.
    In questi giorni sto sentendo una nuova parola inglese che, come lo ”spread” degli anni scorsi, ha un non so che di sinistro (anche perché quando si usano i termini inglesi per nascondere qualcosa nulla di buono si preannuncia all’orizzonte): BAIL IN. La parola che potrà far sorridere i liguri indica la necessità per le banche di trattenere riserve addizionali (tra cui anche i normalissimi conti correnti che tutti abbiamo) allo scopo di essere in grado di fronteggiare le emergenze . Tradotto: se per la banca dove hai depositato i risparmi si mette male fai attenzione che rischi di perdere tuoi soldi. Teniamo occhi e orecchie aperti e vigiliamo sugli sviluppi di questa temibilissima procedura bancaria.
    Infine una riflessione sulla bellissima Ministra Boschi: si deve dimettere sì, si deve dimettere no. Ricordo solo che per l’allora ministro delle infrastrutture e dei trasporti Lupi per molto meno (si era supposto che avesse cercato di aiutare il proprio figlio a trovare lavoro –quale padre non lo farebbe!- ipotizzando il reato di corruzione nell’ambito dello scandalo “grandi opere”) e pur non essendo indagato fu costretto alle dimissioni con l’avallo del nostro Salvatore della Patria Renzi. Staremo a vedere.

    Se nell’esposizione del mio primitivo pensiero in ambito finanziario ho, come sempre, semplificato troppo un discorso complesso e serio, chiedo scusa soprattutto a chi, come Mefisto, del sistema finanziario ne fa una professione.

    Emanuele Laina

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