Dio Perdona, la Natura no

21 Novembre 2014: FONTE – Unione Stella d’Italia –

L’Italia è il paese dove gli effetti del cambiamento climatico sono più marcati  ed è anche un paese a forte rischio di dissesto idrogeologico. Circa sei milioni di italiani  (il 10% del totale) rischiano di vedersi portare via la propria abitazione in caso di forti piogge. Lasciando perdere terremoti, tsunami ed eruzioni vulcaniche che hanno una bassa probabilità di verificarsi, le alluvioni ormai sono la norma, ci dobbiamo abituare. I grandi della Terra ogni tanto affrontano la tematica dell’inquinamento causa del mutamento climatico: buoni propositi, privi di interesse reale. La situazione del clima, che piaccia o no, ormai è la seguente: quello che un tempo era straordinario oggi è ordinario.

L’Italia nel tempo è stata violentata, è stata oggetto di cementificazione massi ciccia senza controllo e senza criterio.  E’ stato calcolato che negli ultimi 50 anni ogni secondo venivano consumati otto metri quadrati di terreno per cementificare. Negli anni settanta è stato persino coniato il termine “rapallizzazione” , termine poi diventato di uso comune che deve il suo etimo alla città di Rapallo (GE), in cui le autorità locali si sono lasciati prendere un po’  troppo la mano dalla cementificazione, costruendo in ogni metro quadrato di terreno disponibile. Non è un caso che oggi la Liguria sia la regione che conta più danni ogni volta che viene colpita dai nubifragi. Ma siccome la natura è più furba, ma soprattutto più forte dell’uomo e della sua stupidità, tutto ciò che l’uomo si è preso la natura lo riprende e anche con fare aggressivo.  A tal proposito anche il Papa ha detto che “se Dio perdona la Natura no”. Come se tutto ciò non bastasse a deturpare il territorio, e a rendere ancora più certo il fatto che la stupidità dell’uomo non ha limiti, la tendenza degli ultimi anni è stata quella di disseminare il territorio di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. In televisione spesso si vedono scempi di opere mastodontiche (scuole, carceri, palestre, aeroporti) costruite e mai terminate, nell’indifferenza del mondo politico della magistratura e purtroppo anche della popolazione. Questi scempi oltre a far del male alle tasche dei cittadini fanno male anche al territorio dove sono situati.  Non è difficile da capire un concetto molto semplice: una goccia d’acqua se cade sul terreno viene assorbita, se cade sul cemento scivola.  A monitorare il nostro stupendo patrimonio naturale ci sono circa 3500 enti che, a quanto pare, oltre a distribuire incarichi e ad assorbire risorse economiche, non brillano per efficienza. A solo titolo di esempio l’ARPAL Liguria ha 350 dipendenti di cui 49 sono dirigenti. Un dirigente ogni 7 dipendenti! Come risponde la politica a tutto ciò? Semplice: non risponde e se risponde lo fa con proclami di stampo renziano, inconcludenti. La sicurezza è la prima cosa. Non ci si può arrovellare sull’articolo 18 o sulla riforma elettorale o sulla crescita economica se prima non si sono messe in sicurezza le nostre abitazioni e i nostri affetti.

Detto ciò propongo una mozione da elaborare e sviluppare a cura dei membri dell’Unione Stella d’Italia, sottoporre alle istituzioni competenti la seguente linea di pensiero sull’argomento del dissesto idrogeologico:

–          Divieto assoluto di edificare nuove costruzioni: non un solo metro di cemento deve essere gettato in opera in quei comuni ad elevato rischio di dissesto idrogeologico, pena il blocco dei trasferimenti da altri enti “superiori”.

–          Le amministrazioni devono essere obbligate a rivalutare o ristrutturare i vecchi edifici con lo scopo duplice di rendere più belle e più vivibili le città.

–          Le amministrazioni (comunali, provinciali, regionali e statali) potranno costruire nuovi edifici in zone ad alto rischio di dissesto idrogeologico se e solo se  dimostreranno che è impossibile riadattare un vecchio stabile.

–          Nei bilanci delle amministrazioni pubbliche deve comparire obbligatoriamente la voce sulla messa in sicurezza/manutenzione siti aree a rischio (argini, letti di fiumi, colline).

–          Le opere devono essere gestite dallo Stato centrale: gli enti locali hanno fallito, hanno dato prova di non essere in grado di occuparsi di questioni così importanti.

–          I sindaci, presidenti di Regione segnalano al Ministero delle Infrastrutture o altri Ministeri interessati  le necessità e il Ministero valuta e redige le priorità. In caso di estrema urgenza, senza perdere tempo in gare d’appalto, si mette in campo l’Esercito.

–          Nei Comuni già alluvionati e in quelli a elevato rischio dissesto idrogeologico per la realizzazione di opere per la messa in sicurezza si deve prevedere la deroga al patto di stabilità.

–          Pensare, in un secondo momento,ad una serie di misure per incentivare il ripopolamento delle zone rurali e soprattutto montane e boschive in modo da garantire una manutenzione di quelle aree oggi lasciate alla trascuratezza.

Questa è la proposta che formulo al Presidente in modo che possa essere sottoposta a tutti i membri dell’Unione. Ribadisco il concetto che la mia è una proposta e va sviluppata. Chiedo anche a chi tra i membri ha qualche conoscenza in più in proposito di aiutarmi a capire. Una volta elaborata la proposta potrà diventare la linea ufficiale del nostro sodalizio in questo ambito e potremmo provare a proporla a chi ha il dovere di ascoltarci.

ESSAYONS

Emanuele LAINA

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