Gaza, Comitato Internazionale Croce Rossa: stop a uccisioni e distruzione, è l’imperativo umanitario

31 luglio 2014 FONTE -Web News Croce Rossa Italiana.

Nord di Gaza, metà pomeriggio, su una strada difronte a un edificio di sette piani. Un ragazzino sta giocando da solo con un pallone da calcio. Un uomo si inginocchia davanti a lui e sorride. Gli prende la mano, come avrebbe fatto uno zio premuroso, e dice: “Che Dio ti protegga.” Abdel*, il padre del ragazzo, nota l’uomo che parla a suo figlio e non gli piace: lo straniero è un membro ricercato di una milizia. Nel gergo militare l’uomo è un ‘obiettivo di alto valore’ e tutti lo sanno. Chiama suo figlio e lo manda dalla madre, al quarto piano. Pochi minuti dopo, l’edificio è tranciato a metà da un attacco aereo. Non c’è più un quarto piano.

Quando il padre si risveglia in ospedale – proprio l’ ospedale che è stato bombardato pochi giorni prima, uccidendo pazienti e ferendo decine di civili, compreso il personale medico – le sue prime parole sono: “Dov’è la mia famiglia?”. I medici gli diranno presto che i suoi familiari sono morti. Il suo piccolo ragazzo, sua moglie e sua madre sono morti tra gli altri. Che la sua gamba sinistra ha subito un amputazione traumatica sopra il ginocchio. Accanto a lui, una bambina di tre anni, Fatima fa una smorfia di dolore. Ha schegge nella spina dorsale e il suo giovane cugino al suo fianco è visibilmente scioccato dai bombardamenti. E’ questo ragazzino il 226esimo bambino palestinese che muore dalla ripresa di questo conflitto ad alta intensità? Il 228? Il giovane figlio di quest’uomo è stato ridotto già a una statistica?

Nel frattempo, la paura si vede anche negli occhi di troppi bambini israeliani. Per una larga parte della popolazione civile, la vita quotidiana è interrotta dalla minaccia di bombardamenti indiscriminati e per la costante corsa ai rifugi. Ripenso a Fatima* che non aveva un rifugio dove correre e che non potrà mai più correre o ritornare a camminare. Il CICR discute con “entrambe le parti” circa le “regole della guerra”. Parliamo di principi quali “precauzioni in attacco”, “obiettivi legittimi”, “vantaggio militare concreto” e “proporzionalità”. Ricordiamo a tutti che se un attacco si preveda possa causare “eccessive perdite civili accidentali” in considerazione di un vantaggio militare concreto e diretto, deve essere annullato o sospeso.

Noi diciamo forte e chiaro che in questa guerra, come in ogni altra, non è accettabile che i soldati minimizzino i propri rischi a spese dei civili che si trovano dall’altra parte. Diciamo anche che non è accettabile l’uso dei civili come scudi umani, in qualsiasi conflitto. Assistiamo a conferenze diplomatiche, organizziamo workshop, noi ‘aumentiamo la consapevolezza’ tra i belligeranti a ‘minimizzare le perdite’. Quanto è efficace tutto questo?

A Gaza, abbiamo evacuato feriti di guerra e persone anziane intrappolate sotto le macerie di quelle che erano state le loro case solo fino a poche ore prima. Visitiamo prigionieri catturati nelle zone di combattimento. Ripariamo linee elettriche e idriche. Nel frattempo centinaia di migliaia di persone hanno l’ordine di evacuare le loro case nel cuore della notte. Cosa succede a coloro che rimanendo indietro non possono fuggire? Dove dovrebbero andare? Nei centri sovraffollati che possono essere bombardati? Negli ospedali o servizi di emergenza medica che non sono risparmiati da ciascuna delle parti in conflitto? Nei quartieri distrutti, dove anche le ambulanze della Mezzaluna Rossa Palestinese vengono colpite? Quanti altri Shujaiyas – un mare di macerie, che in precedenza davano casa a quasi 100.000 persone – ci vorranno prima di tutti aprano gli occhi sulla gravità della situazione?
Davanti a un padre mutilato senza più famiglia, una bambina che non ha diritto al futuro che gli spetta, sono sopraffatto da un senso di inadeguatezza.

Il costo umano è semplicemente troppo alto. Troppe donne e bambini vengono feriti, muoiono o sono danneggiati psicologicamente e fisicamente. Non si tratta di chi è la colpa per non aver rispettato questa o quella specifica legge di guerra, o anche del fatto che il vantaggio militare atteso superi il danno collaterale. Accademici, avvocati, ONG, giornalisti e guerrieri da tastiera parteciperanno a queste domande. Per noi, al CICR, è importante fermare la disumanità di questa guerra. Si tratta di fare la cosa giusta. Come un delegato del CICR, semplicemente alzo la mano e dico: “Io non sto solo invocando la legge ora, invoco l’imperativo umanitario: fermare le uccisioni, fermare la distruzione.”

(i nomi sono stati cambiati per tutelare la privacy)

Condividi

Commenti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Sponsor

Articoli correlati