Operazione “CARONTE”. Disarticolata un’associazione a delinquere composta da nigeriani

07 dicembre 2012: FONTE-GdF Comando Provinciale di La Spezia-

L’articolata indagine, iniziata nei primi mesi del 2011 e condotta con metodi investigativi tradizionali e con intercettazioni telefoniche, ha consentito l’individuazione di un’associazione criminale con vertice in Nigeria, dalla connotazione transnazionale, potendo contare su ramificazioni in diversi stati africani (prevalentemente Niger e Libia) ed Europei, tra cui Italia, Francia e Germania.

In considerazione della gravità dei reati accertati nei confronti dell’organizzazione, estesa in tutta Italia, l’indirizzo delle indagini è stato costantemente coordinato dal Procuratore dott. Michele Di Lecce e del dott. Federico Panichi della Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, che hanno intensamente lavorato sull’esito delle investigazioni eseguite dalla Guardia di Finanza della Spezia, che hanno portato  all’arresto di 22 componenti del sodalizio criminale ed alla denuncia di 54 responsabili.

Le operazioni,  la cui ultima tranche è stata conclusa nella giornata odierna, sono state eseguite a Torino, Milano, Verona, Reggio Emilia, la Spezia, Crotone e Salerno.

L’attività investigativa denominata “Caronte”, prima del genere ad essere eseguita con questi risvolti in Europa,  ha consentito di pervenire ad individuare il “modus operandi” della compagine criminale nigeriana, che determinava periodicamente delle vere e proprie “quote” di persone da inviare in Europa, mediante i canali dell’immigrazione clandestina, assegnando ai loro referenti, anch’essi di etnia nigeriana ed ormai radicati nelle nazioni occidentali, il compito di destinarli ad attività illecite di ogni genere, quali prostituzione, spaccio di stupefacenti ed altri reati.

Alle donne veniva prospettato l’ottenimento di posti di lavoro in Italia, garantendo un sicuro miglioramento delle condizioni di vita, salvo poi richiedere una somma di danaro (fino a 60/70 mila euro) per “riscattare” l’investimento finanziario sostenuto dall’organizzazione che si è impegnata a facilitare l’espatrio; nei confronti dei soggetti maschi, invece, veniva assegnato l’incarico di introdursi nella rete di spaccio di sostanze stupefacenti. L’attività di prostituzione e di spaccio della droga, se eseguita con perseveranza ed obbedienza verso i controllori, avrebbe consentito alle ragazze di riscattare il prezzo pattuito per la liberazione; tuttavia, come accertato, alcune di loro hanno preferito, in luogo di una nuova vita, salire di un gradino nell’organizzazione criminale, accettando a loro volta di diventare  protettrici e responsabili di nuove arrivate.

Nel corso degli ultimi 3 anni è stato calcolato che almeno 10.000 persone siano state fatte entrare clandestinamente in Europa, attraverso rischiosi viaggi con i quali le vittime venivano condotte prima attraverso il deserto del Niger e della Libia e successivamente ammassati in veri e propri centri di raccolta dislocati lungo le coste libiche da dove, in relazione alle diverse esigenze del “mercato” o delle organizzazioni criminali, venivano imbarcate su natanti alla volta dell’isola di Lampedusa. Qui giunti, dopo un periodo variabile di permanenza, venivano destinati ai centri di accoglienza di Puglia, Molise, Campania, Calabria e Sicilia. In questa fase si attivavano le teste di ponte dell’organizzazione con sede in Italia: nigeriani già domiciliati, legalmente o meno, nel territorio nazionale, rifornivano gli immigrati di schede telefoniche intestate a soggetti inesistenti al fine di renderli reperibili per i loro aguzzini, ma invisibili alle ricerche delle Autorità, e ne organizzavano la fuga per poi assegnarli alle dipendenze degli sfruttatori, posti ad un livello intermedio del sodalizio criminale, che ne avrebbero disposto in relazione alle direttive dell’organizzazione od alle loro esigenze.

L’indagine ha accertato inoltre il meccanismo posto in essere dai protettori i quali, al fine di evitare l’identificazione delle ragazze, ne gestiscono la prostituzione in diverse città del nord Italia, con frequenti scambi di località, controllandole assiduamente per raccogliere i soldi guadagnati e rinsaldare il vincolo di sudditanza, giungendo a malmenare, e talvolta ad uccidere, le ragazze che non pagano il loro debito.

La Guardia di Finanza sta sviluppando le indagini anche al fine di accertare la direzione dei flussi finanziari, che permettono il rientro in patria di enormi somme, utilizzate prevalentemente per l’effettuazione di investimenti in attività illecite, o piuttosto per il riciclaggio con investimento nell’economia edilizia.

 

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