Operazione Black Iron – Scoperta frode fiscale di circa 500 milioni di euro

20 luglio 2012: FONTE-GdF- In un mondo in cui le risorse naturali sono sempre più difficili da acquisire in quantità tali da soddisfare le crescenti esigente dell’industria, anche i prodotti “usati” e “di scarto” diventano la “miniera” da cui estrarre le materie prime da destinare ai cicli produttivi più vari.

E se chi dispone di questi sottoprodotti “di scarto” se ne vuole liberare, ecco che si fa avanti una platea di nuovi “minatori” che, anziché scavare nei giacimenti, raccolgono i residui delle lavorazioni industriali per trarne metalli da reimpiegare e reimmettere in consumo.

Questo è lo scenario di riferimento e in questo contesto il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Vicenza ha scoperto che si celavano le maglie di una frode milionaria.

Circa due anni orsono, i finanzieri hanno avviato un’azione di monitoraggio indirizzata nei confronti degli operatori economici attivi nel settore merceologico del commercio dei rottami metallici, realtà economica ad elevato rischio di frodi.

Proprio la frequente ricorrenza di frodi in tale settore ha indotto il Legislatore ad adottare una particolare disciplina fiscale per il commercio di rottami che, per l’appunto, non soggiace al pagamento dell’IVA nelle fasi intermedie della filiera. Gli argini rappresentati da tale regime tributario (cd. “reverse charge”) non hanno, tuttavia, distolto completamente gli imprenditori disonesti dall’intento di perpetrare condotte fraudolente, arricchendosi indebitamente a danno dell’Erario, oltre a creare una evidente distorsione agli equilibri del mercato, a discapito della libera concorrenza.

Attraverso gli approfondimenti condotti è stato possibile acquisire gravi, precisi e concordanti elementi di pericolosità fiscale a carico di numerose imprese del settore ubicate, principalmente, nel territorio provinciale vicentino, ma con rapporti ramificati con altre province venete e con la vicina Lombardia.

Tale analisi, condotta sulla base dei dati rilevati attraverso la consultazione delle banche-dati e degli elementi informativi acquisiti sul territorio, ha consentito di individuare un complesso ed articolato sistema fraudolento, caratterizzato dalla partecipazione di numerose imprese “cartiera”.

I rottami, posti sul mercato da parte di operatori industriali che intendono disfarsi dei propri scarti vendendoli in larga parte “in nero”, rappresentano una merce appetibile per chi, attraverso la raccolta di questi residui, reperisce metalli da poter rivendere come materia prima rigenerata.

Chi commercializza i rottami, tuttavia, deve farsi carico di trovare un sistema per poter giustificare, almeno sul piano formale, l’origine di questi beni acquistati, come detto, “in nero”.

Da questa esigenza trae origine la frode scoperta: decine di imprese, spesso ditte individuali, riconducibili per lo più a stranieri di etnia slava senza alcun trascorso imprenditoriale, prive di mezzi propri e senza possibilità alcuna di avviare un così fiorente commercio, vengono costituite per “stampare” le fatture che, su un piano esclusivamente documentale, dovrebbero giustificare la provenienza dei rottami oggetto di compravendita, anche con importi dichiarati superiori a quelli effettivamente versati in nero ai reali cedenti.

Per rendere più “credibile”, e al contempo più complesso da ricostruire, il percorso “documentale” delle merci, poi, i rottami vengono dirottati dalle “cartiere” verso altre strutture “filtro” e, attraverso documenti di trasporto prodotti a fronte di viaggi mai realizzati, i metalli risultano viaggiare, anche più volte, tra il Veneto e la Lombardia, per essere, talvolta, destinati a pochi chilometri dal luogo di partenza risultante dalla documentazione.

I finanzieri, sotto il coordinamento del Sostituto Procuratore della Repubblica di Vicenza, hanno passato al setaccio decine di conti correnti accesi a nome di tali sedicenti imprenditori che, il più delle volte, appena incassato il pagamento della merce formalmente venduta, provvedevano immediatamente a “monetizzare” l’introito, ritirando dallo sportello bancario di appoggio, denaro contante per un valore corrispondente alla somma appena ricevuta dall’apparente “cliente”.

È del tutto evidente che tale modalità di gestione dei pagamenti, rilevata a fattore comune per tutte le imprese “cartiera” individuate, sottende alla restituzione dell’importo scambiato tra le parti dell’operazione in realtà mai posta in essere.

Dopo aver controllato a tappeto, nei mesi scorsi – 15 le perquisizioni effettuate in 3 Regioni, con l’impiego di oltre 50 militari – le fantomatiche sedi aziendali delle “cartiere”, rilevando l’assoluta incompatibilità di tali siti con l’attività di commercio documentalmente dichiarata, i militari hanno proceduto a sottoporre a verifica fiscale le imprese coinvolte nella frode, con sede formalmente dichiarata nelle province di Reggio Calabria, Agrigento, Brescia, Varese, Vicenza, Verona, Mantova e Cremona, ricostruendo la reale operatività delle stesse.

Sono stati ben 12 gli interventi ispettivi condotti dai verificatori del Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza attraverso i quali sono stati constatati e segnalati ai competenti Uffici finanziari per il recupero a tassazione elementi reddituali per oltre 306 milioni di euro.

Le fatture false complessivamente accertate dagli investigatori ammontano ad un valore complessivo, tra annotate ed emesse, di oltre 475 milioni di euro.

Le condotte fraudolente segnalate all’Autorità Giudiziaria hanno riguardato il coinvolgimento, a vario titolo di 30 imprese, attraverso le responsabilità penali ascritte in capo a 32 persone denunciate.

Tra le imprese coinvolte, figurano le posizioni delle società “beneficiarie” della frode, con fatturato di decine di milioni, essendo le stesse i collettori dei rottami rinvenienti dalle filiere irregolari.

L’attività del Corpo a contrasto delle frodi, dunque, prosegue incessantemente, avendo cura, evidentemente, di colpire l’evasione sostanziale nell’ottica di un effettivo recupero erariale: si consideri, al riguardo – dato di straordinario rilievo – che negli ultimi mesi, a seguito delle verifiche svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria di Vicenza, sono stati effettivamente “incassati” dall’Erario (ovvero sono stati già formalizzati i piani di rateazione sulla base di accertamenti in adesione sottoscritti dai contribuenti) circa 100 milioni di euro.

Condividi

Commenti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Sponsor

Articoli correlati