Arrestati due imprenditori nell’ambito delle indagini sulla realizzazione del porto di Fiumicino

19 Marzo 2013: FONTE-GdF Comando Provinciale di Roma-

Finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere, disposte dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Civitavecchia Chiara GALLO nei confronti del noto costruttore romano, Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE, e di una persona di sua fiducia, Emanuele GIOVAGNOLI, legale rappresentante di diritto di alcune società, entrambi indagati per i reati di frode nelle pubbliche forniture e di appropriazione indebita; al primo è contestata anche il trasferimento fraudolento di denaro a terzi.

I provvedimenti eseguiti si inseriscono nelle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Civitavecchia (Sostituto Procuratore Lorenzo DEL GIUDICE), del Nucleo  Polizia Tributaria di Roma, riguardanti la realizzazione del porto turistico a Fiumicino, che avevano già portato, nel novembre scorso, al sequestro dell’intera area del cantiere, per una estensione di circa un milione di metri quadri.

Gli approfondimenti hanno consentito di individuare un articolato meccanismo di frode nei  lavori di costruzione del “porto della Concordia” con un sistema di attribuzione fittizia a soggetti terzi di somme di denaro, per complessivi 35 milioni di euro, oggetto di distrazioni a danno di due società riconducibili al gruppo imprenditoriale “ACQUA MARCIA” di Roma, riconducibile all’imprenditore Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE.

In particolare, nei mesi scorsi, in seno all’operazione denominata MAREMOSSO, le Fiamme Gialle avevano esaminato i rapporti economici e contrattuali fra la società general contractor – appartenente al gruppo “ACQUA MARCIA” – ed altre imprese, cui venivano  subappaltati i lavori, riconducibili sempre, direttamente o indirettamente, al citato gruppo societario. Era emerso che l’opera pubblica era stata parzialmente eseguita con caratteristiche tali da pregiudicarne la stabilità nel tempo, con il profilarsi di gravi violazioni delle  obbligazioni assunte dalla concessionaria nei confronti dell’ente concedente.

L’Autorità Giudiziaria aveva, pertanto, iscritto nel registro degli indagati sette persone, a titolo di concorso, tra cui il “dominus” ed amministratore di fatto del menzionato gruppo imprenditoriale, Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE, i legali rappresentanti delle società subappaltatrici nonché il direttore dei lavori, per il reato di frode nelle pubbliche forniture, nonché disposto il sequestro preventivo dell’intera area del cantiere del porto, destinato a divenire uno dei più importanti porti turistici a livello europeo, con una capacità ricettiva di circa 1.500 posti barca.

Le difformità riscontrate sono apparse così significative e rilevanti, accompagnate da attività dissimulatorie a tal punto evidenti da integrare, da un lato, condotte di plurimo inadempimento contrattuale e, dall’altro, da essere concretamente idonee a pregiudicare, in maniera significativa, anche in termini di sicurezza e di pubblica incolumità, la funzione economico sociale dell’opera pubblica stessa.

Le modalità con cui il concessionario ha gestito contrattualmente l’esecuzione dei lavori, attraverso una catena di appalti e subappalti, presentano molteplici anomalie non spiegabili se non con il tentativo di mascherare intenti fraudolenti: contratti di sub-affidamento stipulati a distanza di un sol giorno l’uno dall’altro; mancanza, da parte delle società interessate, delle potenzialità strutturali per procedere autonomamente ai lavori; dinamica dei prezzi nei subappalti tale da far sì che, a fronte di un costo ipotizzato per la realizzazione dell’opera da parte della società affidataria pari a 400 milioni di euro, i lavori fossero appaltati, “chiavi in mano”, a soli 100 milioni di euro. Tale circostanza, più di altre, mostra come la prospettazione iniziale dei costi fosse del tutto disancorata dal valore dei lavori che, sin dall’inizio, la concessionaria intendeva eseguire.

Il rilevante flusso di denaro atteso dalla realizzazione dell’opera, peraltro, era destinato ad essere in gran parte veicolato a favore di soggetti ulteriori rispetto alle società inserite nella catena dei subappalti, attraverso un’attività sistematica di drenaggio delle risorse finanziarie delle medesime, realizzata mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti ovvero attraverso operazioni societarie del tutto fittizie.

Le indagini del Nucleo Polizia Tributaria di Roma, infatti, hanno consentito di appurare  una rilevante distrazione di fondi societari –  quantificabile in circa 35 milioni di euro – a favore, per almeno 17 milioni di euro, di due società estere, con sede formale in Cipro, in tutto riconducibili a BELLAVISTA CALTAGIRONE, amministratore di fatto del gruppo “ACQUA MARCIA”.

In realtà, la figura del citato costruttore emerge non solo nell’ambito del citato gruppo societario ma anche delle imprese del gruppo “SCA” – avente quale holding italiana la Servizi Contabili ed Amministrativi s.r.l., controllata da una società cipriota, di cui fa parte, peraltro, una società inserita nella catena dei subappalti – tutte formalmente rappresentate da Emanuele GIOVAGNOLI, persona di assoluta fiducia di Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE e già dipendente di una delle società del gruppo “ACQUA MARCIA”.

L’esigenza di creare un ulteriore gruppo societario, formalmente distinto da quello dell’”ACQUA MARCIA”, risiedeva nella volontà di evitare problematiche con i cantieri, riconducendole al secondo gruppo.

L’accuratezza delle investigazioni, sviluppatesi mediante l’analitico esame della contabilità delle società interessate e della documentazione extracontabile rinvenuta a seguito di molteplici perquisizioni domiciliari e locali, nonché attraverso l’audizione di numerose persone, ha consentito di verificare come, negli anni dal 2008 al 2010, siano state sottratte dalle casse delle società coinvolte ingenti risorse ricevute dal sistema bancario, successivamente trasferite, in gran parte, nella disponibilità personale di Francesco BELLAVISTA CALTAGIRONE, utilizzando società fittizie in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza illecita del denaro.

L’attività di spoliazione delle citate società è avvenuta, ad esempio, attraverso bonifici documentalmente giustificati quale corrispettivo di asserite prestazioni di consulenza (in realtà mai ricevute) ovvero mediante fraudolente compensazioni di crediti anche generati dall’acquisizione di una partecipazione di una società del gruppo SCA ad un valore artatamente (ed eccezionalmente) superiore rispetto a quello effettivo (la società in esame, compravenduta al valore di 17,5 milioni di euro, a soli 7 mesi di distanza dall’acquisto, ha avanzato istanza per l’ammissione al concordato preventivo).

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