‘Ndrangheta – Guardia di Finanza di Trieste e Vibo Valentia sequestra beni per 35 milioni di euro al clan Mancuso di Limbadi (VV) e ferma 10 affiliati

07 Marzo 2013: Fonte-Gdf Comando Provinciale di Trieste-

Nella notte appena trascorsa  i militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Trieste unitamente ai finanzieri della Compagnia di Vibo Valentia,  nell’ambito di un’indagine finalizzata alla disarticolazione di una consorteria criminale di stampo ‘ndranghetista che ha visto, complessivamente, la denuncia di nr. 76 soggetti, hanno sequestrato beni per un valore di trentacinque milioni di euro e dato esecuzione a dieci provvedimenti di fermo disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, a firma dei P.M. Marisa Manzini e Simona Rossi, nei confronti di altrettanti soggetti affiliati al clan Mancuso di Limbadi (VV).

Le complesse attività d’indagine, durate circa due anni, traggono origine da iniziali approfondimenti di natura bancaria riguardanti soggetti di origine calabrese residenti in Friuli Venezia Giulia, che hanno poi condotto gli investigatori ad operare nella provincia di Vibo Valentia, nel momento in cui è stato accertato il coinvolgimento di soggetti appartenenti al predetto clan vibonese.

Una volta giunti in Calabria i finanzieri di Trieste, in stretta collaborazione con i militari della locale Compagnia, sono poi riusciti a ricostruire, anche con operazioni tecniche, l’esteso organigramma associativo, denunciando 76 persone che, attraverso atti estorsivi, usurari nonché danneggiamenti vari, avevano ottenuto il controllo nel settore economico della distribuzione e commercializzazione all’ingrosso di generi alimentari e nel settore turistico immobiliare. Le attività estorsive individuate erano particolarmente remunerative in quanto poste in essere mediante la forza intimidatrice derivante dall’appartenenza al gruppo criminale che, in tale modo, induceva le vittime a cedere alla pressione dei clan.

Fra i principali responsabili è stato individuato Agostino PAPAIANNI, con significativi precedenti di polizia, il quale, d’intesa con il capoclan Cosmo MANCUSO, ha proceduto ad una sistematica attività di occultamento delle ingenti risorse economiche accumulate nel corso del tempo, avvalendosi di diversi prestanome che erano ufficialmente intestatari di numerosi beni mobili ed immobili ma sono stati poi smascherati dagli uomini delle Fiamme Gialle.

Se il fermo dei dieci associati ha creato un concreto danno al clan, ancora più grave è quello derivante dai sequestri eseguiti dagli stessi finanzieri, i quali hanno in modo minuzioso individuato i beni da loro illecitamente accumulati.

I provvedimenti patrimoniali effettuati ammontano a trentacinque milioni di euro. Per la predisposizione degli stessi gli investigatori hanno utilizzato anche la banca dati “Molecola” dello S.C.I.C.O. – Servizio Centrale Investigativo C.O. della Guardia di Finanza. In particolare, è stato effettuato il  sequestro di:

–      due importanti società locali operanti nel settore del commercio all’ingrosso ed al dettaglio di alimenti;

–      un distributore di carburante con autolavaggio e bar;

–      un supermercato;

–      una concessionaria di autovetture;

–      un bar sito nella piazza principale di Tropea (VV);

–      un panificio industriale;

–      numerosi conti correnti bancari

ma soprattutto un rilevante villaggio turistico, formalmente intestato ad un prestanome di origine nordafricana, composto da decine di miniappartamenti con annessa piscina, market, due ristoranti, area camper e relativo  stabilimento balneare.

E’ interessante evidenziare come  il sodalizio criminale procedesse ad attività intimidatorie quali il danneggiamento, in alcuni casi consistito anche nell’appiccare incendi di vetrine e locali commerciali, i cui titolari venivano poi costretti ad acquistare i prodotti alimentari commercializzati dalle società nella disponibilità del clan. In determinate circostanze è stato rilevato come l’obbligo di acquistare i prodotti dalle società riconducibili agli affiliati  derivasse da precedenti prestiti concessi con tassi usurari. In specifici casi era imposto anche l’acquisto e la vendita di prodotti scaduti ai quali veniva sostituita l’etichetta originale. Tali società distributrici sono state ora sequestrate dai finanzieri.

Le imprese commerciali nelle quali sono stati reinvestiti i proventi delle attività criminali dei clan erano, pertanto, strumentali a sovvenzionare attività economiche con innegabili vantaggi concorrenziali, stante la possibilità di finanziarsi con modalità illecite e fuori dai normali circuiti finanziari e di acquisire spazi di mercato con gravi azioni intimidatorie.

 

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