11 Ottobre 2019: FONTE – Comando Generale Arma Carabinieri – Legione Carabinieri Emilia Romagna Comando Provinciale di Rimini –
Nelle prime ore della mattinata odierna, 11 ottobre 2019, in Rimini, Napoli, Marcianise, Latina e Prato, i militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale CC di Rimini hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bologna, Dott. Sandro Pecorella, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 10 persone, per associazione per delinquere di tipo mafioso.
L’indagine, inizialmente coordinata dal Sost. Proc. Dott. Marino Cerioni della Procura della Repubblica di Rimini e successivamente passata per competenza, in relazione ai gravi reati contestati, alla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna – Sost. Proc. Dott. Marco Forte, è stata condotta con l’ausilio di attività tecniche d’intercettazione telefonica ed ambientale, supportate da servizi dinamici finalizzati a riscontrare le condotte delittuose degli indagati.
Nel mese di ottobre 2018 i militari del Nucleo Investigativo Carabinieri di Rimini apprendevano circostanziate notizie circa l’operatività in località Viserba di Rimini di un’attività di noleggio autovetture gestita da personaggi di origine napoletana dediti all’utilizzo dell’azienda per coprire diverse attività illecite. Veniva quindi avviata una mirata attività tecnica di intercettazione telefonica ed ambientale, che consentiva di acclarare la presenza a Rimini di un sodalizio camorristico capeggiato da Contini Ciro1 classe ’88, affiancato dal suo braccio destro Acampa Antonio classe ‘79 e dai gregari Nicolì Cosimo classe ‘77 e Savorra Armando classe ‘57, pluripregiudicati napoletani da anni residenti in Rimini, nonché da giovani e pericolosi “pendolari del crimine”, che da Napoli venivano fatti affluire all’occorrenza a Rimini per commettere azioni violente nei confronti di coloro che non obbedivano ai voleri del gruppo criminoso; tra questi ultimi venivano identificati Palumbo Pasquale classe ‘75, Capasso Francesco classe ’93 e Rivieccio Fabio classe ’91, tutti gravati da numerosi precedenti penali.
Tale sodalizio, insediatosi nella provincia di Rimini con inaudita e spregiudicata violenza, ostentata ad ogni favorevole occasione per ribadire la forte presenza sul territorio, può contare anche su un’ampia disponibilità di armi da fuoco, non disdegnando, peraltro, anche l’utilizzo di armi improprie quali bastoni, mazze e martelli per il compimento di violente azioni di forza, lasciando trasparire una struttura prettamente militare, essendo chiari e ben definiti i ruoli e i compiti di ciascun sodale.
Le indagini hanno consentito altresì di acclarare la commissione da parte del citato sodalizio di violenti pestaggi nei confronti di soggetti pluripregiudicati, ben noti negli ambienti delinquenziali riminesi e storicamente legati a clan camorristici campani, al fine di dare un preciso segnale circa la presenza sul territorio del nuovo gruppo, intenzionato ad insediarsi in questa provincia con l’intento di monopolizzare il controllo delle attività illecite nel territorio riminese, precedentemente gestito da altri gruppi campani dei quali fanno parte, a vario titolo, anche le vittime dei pestaggi.
Le investigazioni hanno consentito infatti di accertare la commissione di un violento pestaggio, avvenuto in Rimini e mai denunciato, nei confronti di De Sisto Pio Rosario classe ‘58, storico pluripregiudicato campano legato al clan camorristico NUVOLETTA, dedito ad una vasta gamma di lucrose attività illecite e considerato negli ambienti delinquenziali riminesi un personaggio di particolare peso ed autorevolezza. In tale circostanza, la vittima veniva dapprima condotta sotto la minaccia di armi da fuoco all’interno di un capannone ubicato in questo centro, ove veniva immobilizzata con nastro adesivo e picchiata anche mediante l’uso di mazze da baseball e martelli, procurandogli gravi lesioni in svariate parti del corpo, in particolare al cranio ed agli arti superiori, con prognosi superiore ai 50 giorni. A seguito di tale brutale pestaggio il sodalizio campano intimava al predetto di consegnare la somma di 30.000,00 euro, tangente impostagli per “compensare” gli illeciti guadagni monopolizzati nel tempo dal De Sisto nella provincia di Rimini.
Il neo sodalizio, ben cosciente dell’operatività sul territorio riminese del gruppo criminoso “antagonista” composto da Romaniello Massimiliano classe ’74, Di Dato Antonino classe ’76 e Ripoli Giuseppe classe ’78, dedito principalmente ad attività estorsive, indirizzava quindi le azioni violente proprio nei confronti di Ripoli Giuseppe, esponente di spicco di tale storico sodalizio. L’agguato ed il violento pestaggio ai danni di quest’ultimo, anche in questo caso non denunciato, veniva commesso con le medesime modalità del primo pestaggio, ovvero mediante l’utilizzo di pistole, spranghe, mazze da baseball e martelli, procurando alla vittima gravi lesioni in svariate parti del corpo, in particolare al cranio ed agli arti superiori, con conseguente grave indebolimento del mignolo della mano sinistra e prognosi superiore ai 40 giorni. Nell’occorso, la vittima veniva anche rapinata della somma di 1.000,00 euro.
Riguardo al citato storico sodalizio criminoso operante in Rimini, le indagini consentivano di acclarare un’attività estorsiva posta in essere ai danni di un imprenditore titolare di una ditta di autotrasporti con sede in Rimini, il quale veniva costretto a versare ai componenti di tale sodalizio cospicue somme di denaro, nel periodo compreso tra gli anni 2016 e 2018, sino al momento in cui la vittima si rivolgeva al nuovo clan insediatosi a Rimini, capeggiato da CONTINI CIRO, ricevendo protezione e riuscendo a porre fine all’attività estorsiva nei suoi confronti. In particolare, le intercettazioni consentivano di accertare che tale attività estorsiva era stata la causa scatenante del violento pestaggio nei confronti di Ripoli Giuseppe, organizzato e posto in essere dal nuovo sodalizio proprio per dare un segnale allo storico gruppo capeggiato da Romaniello Massimiliano del fatto che l’imprenditore era stato accolto sotto l’ala protettiva del nuovo clan operante in Rimini e che pertanto l’attività estorsiva doveva essere interrotta.
Le reazioni ai cruenti pestaggi eseguiti dal sodalizio capeggiato da Contini Ciro risultavano diverse tra loro. Difatti, riguardo alla violenta aggressione ai danni del De Sisto ed alla conseguente richiesta estorsiva, lo stesso optava per la via del chiarimento e della riappacificazione, rivolgendosi a personaggi di spicco della criminalità campana appartenenti al clan NUVOLETTA, per chiedere protezione e valutare il da farsi, riuscendo effettivamente a comporre la situazione grazie all’intervento di affiliati di spicco dello storico clan operante in Marano di Napoli.
Per quanto concerne invece il pestaggio patito da Ripoli Giuseppe, la reazione a cui si assisteva era del tutto diversa, in quanto il gruppo capeggiato da Romaniello Massimiliano si rivolgeva a personaggi affiliati o comunque contigui a sodalizi criminosi operanti nel capoluogo partenopeo per ricevere aiuto e per dare un preciso segnale circa la pregressa ed affermata operatività criminale di tale gruppo sul territorio riminese, non omettendo peraltro di reperire armi per poter dare una risposta “adeguata” agli affiliati al neo sodalizio capeggiato da Contini Ciro, quanto meno commisurata alle azioni delittuose ed alle “dimostrazioni di forza” patite.
In tale contesto si inseriva l’esplosione di tre colpi d’arma da fuoco nel cortile dell’abitazione dell’imprenditore già sottoposto ad estorsione prima di passare sotto l’ala protettiva del sodalizio capeggiato da Contini Ciro, episodio che le indagini consentivano di attribuire a Di Dato Antonino, incaricato dal Romaniello di porre in essere tale atto intimidatorio al fine di rimarcare la presenza e l’operatività in questa provincia dello storico sodalizio da lui capeggiato e per intimorire l’imprenditore, così da farlo tornare sui suoi passi e convincerlo a pagare nuovamente le illecite tangenti al vecchio gruppo criminale.
Ulteriore riscontro relativo al porto ed alla detenzione abusiva di armi da parte del Di Dato si aveva il 5 gennaio 2019, quando lo stesso veniva tratto in arresto nel centro di Rimini per porto abusivo di pistola, reperita a Napoli nel corso di alcuni incontri con personaggi affiliati al clan MAZZARELLA. La pistola sequestrata al predetto veniva opportunamente recapitata presso gli uffici del R.I.S. Carabinieri di Parma per l’effettuazione di accertamenti di natura balistica, il cui esito consentiva di esprimere un giudizio di buona compatibilità tra i proiettili sequestrati in occasione dei colpi esplosi sotto all’abitazione dell’imprenditore riminese e quelli esplosi in laboratorio con la pistola in sequestro.
Le indagini consentivano altresì di appurare una notevole capacità economica del gruppo capeggiato dal Contini, che grazie alla gestione dell’attività di autonoleggio con sede in Rimini, fittiziamente intestata all’indagato Savorra Armando, ma di fatto gestita da Acampa Antonio, “vice” del capo del sodalizio, riusciva agevolmente a reimpiegare il denaro di provenienza illecita provento delle attività delittuose poste in essere sul territorio, riuscendo anche a provvedere autonomamente al pagamento delle spese connesse alla detenzione in carcere di alcuni sodali, tra cui lo stesso Contini, detenuto in carcere dal 24 novembre 2018, quando lo stesso veniva tratto in arresto dal Commissariato di P.S. di Napoli – San Carlo Arena per porto abusivo di pistola, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale, con l’aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416 bis 1 c.p..
A seguito dell’arresto del “Capo”, il neo sodalizio riminese faceva registrare un breve periodo di sbandamento, per poi ricompattarsi nuovamente. In tale frangente l’Acampa assumeva materialmente le veci del capo, dettando disposizioni sia nell’ambito dell’attività di autonoleggio che nell’ambito delle varie attività illecite poste in essere sul territorio. Difatti il predetto, per nome del “capo”, impartiva ordini agli altri sodali, disponeva che il denaro (le cosiddette mesate) destinato ai familiari dei carcerati appartenenti al gruppo doveva essere elargito solo previo suo consenso, e partecipava, dirigendole personalmente, alle azioni di forza unitamente agli altri sodali.
La gestione del sodalizio in assenza del “capo” veniva resa più agevole dallo stesso CONTINI CIRO, che nonostante recluso continuava a impartire direttive dal carcere, sia nel corso dei colloqui con i familiari, sia grazie ad alcuni telefoni cellulari “clandestini” che lo stesso utilizzava all’interno del carcere per contattare i suoi sodali (almeno tre e con il progetto di riceverne uno addirittura per mezzo di un drone, cosa che non accadeva per il trasferimento da una casa circondariale ad altra).
Riguardo alle capacità economiche del gruppo capeggiato da Contini Ciro ed alle attività commerciali attraverso le quali il sodalizio riusciva a reimpiegare il denaro di provenienza illecita, è stato disposto il sequestro preventivo per la successiva applicazione della confisca di due società riconducibili al sodalizio criminoso, ivi compreso l’intero patrimonio aziendale e i beni strumentali, nonché le “poste attive” esistenti sui conti correnti/deposito, libretti di risparmio e cassette di sicurezza intestati all’indagato Savorra Armando, a cui le società sono risultate fittiziamente intestate.
Le indagini poste in essere hanno permesso di attribuire al sodalizio capeggiato dal Contini, nonché ai cosiddetti “antagonisti” con a capo Romaniello Massimiliano, qualificati elementi e circostanze, tutte riconducibili all’aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416 bis 1 c.p., tra cui:
– l’evidente riconducibilità ad affermati gruppi camorristici campani da cui poter trarre la conseguente forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per la commissione di azioni delittuose;
– le condotte delittuose caratterizzate da estrema violenza;
– la disponibilità di armi.
Riguardo al sodalizio composto dal capo Contini Ciro e dagli altri sei sodali è stato altresì contestato il delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso, per aver fatto parte, con i ruoli di seguito specificati per ciascuno, dell’associazione mafiosa denominata “camorra”, autonomamente operante nel territorio romagnolo e prevalentemente nell’ambito provinciale riminese, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal predetto vincolo e sodalizio associativo, della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo di commettere delitti contro il patrimonio quali estorsioni, rapine, intestazione fittizia di beni attraverso compiacenti prestanomi intranei al sodalizio riminese, delitti in materia di armi e munizionamento, nonché per acquisire direttamente il controllo delle attività economiche sul territorio, sostituendosi attraverso azioni delittuose particolarmente violente (sequestro di persona, lesioni personali, estorsioni, minacce con armi da fuoco, rapina) ai criminali ivi già storicamente stanziati.
Per quanto concerne invece la riconducibilità di tale sodalizio con clan camorristici campani, le risultanze investigative acquisite nel corso delle indagini hanno consentito di poter affermare con assoluta certezza che il Contini, nonostante i suoi legami di parentela “illustri” con lo zio Eduardo Contini, capo dell’omonimo clan operante nei quartieri “Vasto” e “Poggioreale” di Napoli, si sia staccato da tale sodalizio trasferendosi a Rimini, con il preciso intento di creare un gruppo autonomo e ben organizzato, avente disponibilità di armi e di denaro di provenienza illecita sapientemente riciclato attraverso attività commerciali fittiziamente intestate, al fine di assumere il totale controllo delle attività delittuose sul territorio riminese, assumendo quindi una chiara connotazione associativa di tipo mafioso.
Nel presente comunicato, ritenendo preminenti le finalità investigative rispetto al diritto di privacy degli indagati, sono stati indicati i nomi degli stessi per esteso, provvedendo nel contempo ad approntare le foto da consegnare alla stampa con il viso scoperto, in modo da favorire il riconoscimento dei soggetti colpiti dalla misura cautelare da parte di eventuali vittime di attività estorsive, in modo da indurle a sporgere denuncia e fornire ulteriori elementi utili alle indagini.
La misura cautelare della custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti di: Contini Ciro, Acampa Antonio, Savorra Armando, Nicolì Cosimo, Palumbo Pasquale, Rivieccio Fabio, Capasso Francesco;
La misura cautelare degli arresti domiciliari è stata eseguita nei confronti di: Romaniello Massimiliano, Ripoli Giuseppe e Di Dato Antonino.
1 Nipote del boss Eduardo Contini, detto “’O Romano” e “Faccia d’Angelo”, capo dell’omonimo clan operante nei quartieri “Vasto” e “Poggioreale” di Napoli.
TESTO E FOTOGRAFIA DI PROPRIETÀ – COMANDO GENERALE ARMA CARABINIERI – LEGIONE CARABINIERI EMILIA ROMAGNA COMANDO PROVINCIALE DI RIMINI –