19 Marzo 2016: FONTE -GdF Comando Prov.le di Ravenna-
La Guardia di Finanza di Ravenna ha individuato e sequestrato il contenuto di 2 container,
di cui uno importato dalla Cina al porto della città romagnola, con 26.000 maglioni messi in
commercio, dopo la mera sostituzione dell’etichetta, come capi d’abbigliamento di
produzione italiana anche in ignare boutique.
Quattro gli indagati: A. Z., imprenditore bolognese di 61 anni, L. S., imprenditore
carpigiano di 30 anni e due cittadini di origine cinese, M.B. di 42 anni e X.Z. di 48 anni.
Secondo le verifiche dei finanzieri avevano acquistato dalla Cina due lotti di maglie per un
prezzo medio di circa 13 euro cadauno. I prodotti, una volta giunti in Italia, sono stati poi
abilmente “trattati” con la sola sostituzione dell’etichetta di origine (al prezzo di 80
centesimi a maglione) e messi in vendita a prezzi variabili da 60 euro (prezzo rilevato in
outlet), a 90 euro (in un negozio d’abbigliamento della Provincia di Ravenna), fino a 150
euro (in una boutique di Roma nei pressi dei Parioli).
Il valore stimato della merce all’importazione era di circa 350.000 euro; la vendita sul
mercato avrebbe fruttato circa due milioni e mezzo di euro.
Tutto si è innescato quando, durante il controllo di un container i militari della Guardia di
Finanza hanno voluto verificare l’operazione commerciale dichiarata: l’importazione
prevedeva l’acquisto di circa 13.000 maglioni composti da lana (al 50%), viscosa (al 40%)
e cachemire (al 10%) contenuti in un container. Il riscontro sulle merci in importazione
confermava quanto dichiarato nonché la corretta indicazione d’origine – “Made in China” –
riportata sull’etichetta cucita sul collo.
A quel punto la curiosità dei finanzieri è stata però attirata dal filo di cotone che si
estendeva oltre la cucitura dell’etichetta, quasi fosse un difetto di produzione. Tirando la
parte in eccedenza sembrava poi che l’etichetta si sfilasse, come si staccasse dal collo del
maglione. Da quel momento, grazie anche alle banche dati informatiche a disposizione
della Guardia di Finanza, è stata ricostruita la filiera di consegna della merce e tracciati
tutti i passaggi commerciali.
Riferiti i preliminari riscontri sul disegno truffaldino scoperto, la Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Ravenna ha disposto prima le perquisizioni nelle aziende coinvolte –
una nota società di capitali della provincia di Bologna da sempre operante nel settore della
produzione di maglieria “Made in Italy” ed una società a responsabilità limitata di
finissaggio di Carpi – e poi il sequestro dei capi distribuiti e messi in vendita su tutto il
territorio nazionale (con esclusione del solo Molise) con la falsa indicazione di
provenienza.
Le indagini, svolte in stretta collaborazione con i Reparti della Guardia di Finanza di
Bologna e Carpi, hanno permesso di ricostruire anche un’altra importazione di analogo
tipo – circa 13.000 maglioni “Made in China” trasformati abilmente “Made in Italy” –
avvenuta dalla Cina tramite la Dogana di Cavenago di Brianza (MB). Per questa ulteriore
fattispecie illecita, gli indagati sono stati deferiti alla Procura della Repubblica di Bologna.
La falsa indicazione del “Made in Italy” e, in generale, l’errata informazione sull’origine
delle merci danneggiano il mercato, l’imprenditore onesto e il cittadino ingannato sulla
reale provenienza delle cose acquistate. Il contrasto a questi illeciti inoltre tende a tutelare
anche la corretta informazione sulla sicurezza dei prodotti stessi e sulla loro genuinità.
L’importazione a fini di commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di
provenienza o di origine viola il comma 49 dell’articolo 4 della legge n. 350/2003,
costituisce reato ed è punito, ai sensi del codice penale, con la reclusione fino a due anni
e con la multa fino a ventimila euro.