9 ARRESTI PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

02 Maggio 2013 – ore 14,40  : FONTE – GdF Comando Provinciale di Bergamo –

La Guardia di Finanza di Bergamo ha eseguito 9 ordinanze di custodia cautelare (3 in carcere e 6 ai domiciliari) emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Brescia disarticolando un’organizzazione a delinquere composta da cittadini italiani ed extracomunitari dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina su larga scala.

Le ordinanze sono state eseguite nei confronti di 3 cittadini italiani, 2 indiani 2 pakistani e 2 marocchini tutti da tempo stabilmente residenti a Bergamo e provincia.

L’attività iniziata nel novembre 2011 e durata un anno e mezzo è stata coordinata dal Dott. Sandro Raimondi, Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Brescia e dal Dott. Franco Bettini, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Bergamo ed ha riguardato per la provincia di Bergamo il “decreto flussi” anni 2010 e 2011 che annualmente fissa le quote dei visti di ingresso che ogni anno possono essere concessi per ciascuno Stato.

Essa ha permesso di individuare un’organizzazione criminale operante in provincia di Bergamo e nel bresciano, con ramificazioni nei territori di Milano, Monza, Ragusa, Pescara e Matera, attiva nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Complessivamente sono state indagate 33 persone di cui 15 cittadini italiani e gli altri stranieri (pakistani, indiani, marocchini e bengalesi), tutti regolari e stabilmente residenti in Italia.

Le condotte illecite accertate sono molteplici a seconda delle responsabilità penali ricostruite ed ipotizzate nel corso dell’attività svolta dalle Fiamme Gialle che hanno esaminato oltre 1500 visti di ingresso per soggetti di origine marocchina, tunisina, egiziana, indiana, bengalese e pakistana.

Per tali visti di soggiorno, circa 300 sono risultati a favore di soggetti che hanno conseguito  un “regolare” permesso di soggiorno sulla base della documentazione fittizia prodotta dai datori di lavoro italiani. La restante parte dei soggetti (circa 1200) dopo aver superato i controlli della polizia di frontiera non ha richiesto il permesso di soggiorno, per mancanza dei requisiti, e si è data alla clandestinità.

In particolare si tratta, per i soggetti a vario titolo coinvolti, delle ipotesi di cui all’art 12 comma 3 del Decreto Legislativo 286/98 (immigrazione clandestina) e per alcuni funzionari pubblici quelle di cui agli articoli 319, 321 e 326 codice penale (corruzione e rivelazione del segreto d’ufficio) avendo ricevuto utilità per agevolare il rilascio dei titoli per l’ingresso degli extracomunitari sul territorio nazionale o per aver rivelato notizie che sarebbero dovute restare coperte dal segreto d’ufficio.

Nella maggior parte dei casi gli imprenditori compilavano false liste aziendali per eludere la normativa sull’immigrazione e le prescrizioni previdenziali mentre i pubblici funzionari assicuravano il buon esito delle istanze anche in assenza dei requisiti legislativi prescritti.

Gli imprenditori italiani coinvolti, oggetto anche di specifici controlli fiscali, dichiaravano falsamente di necessitare di lavoratori stranieri soprattutto nel settore agricolo ed edile, in alcuni casi fino a 300 ciascuno. Nel corso dei controlli è stato accertato che solo una decina venivano regolarmente assunti.

In altri casi le assunzioni sono risultate completamente fittizie atteso che i lavoratori venivano dichiarati all’INPS al solo scopo di percepire indebitamente l’indennità di disoccupazione o altre forme di sostegno sociale.

L’attività supportata dai classici strumenti di polizia (appostamenti, pedinamenti, osservazione ed intercettazioni telefoniche) è stata coniugata con una laboriosa analisi delle informazioni contenute nelle Banche dati in uso alla Guardia di Finanza nonché di quelle utilizzate dall’INPS e dal Ministero dell’Interno in materia di immigrazione e regolarizzazione dei lavoratori stranieri in Italia.

Sono state eseguite contestazioni amministrative per circa 100.000 euro nei confronti degli imprenditori che hanno impiegato lavoratori “in nero”.

Le indagini hanno permesso individuare una serie di attività che hanno caratterizzato, consecutivamente, il modus operandi dell’organizzazione criminale smantellata, oltre alla complicità finale di alcuni funzionari pubblici:

  • forme di “pubblicità” nei Paesi di origine per invogliare i soggetti ad emigrare in Italia con la promessa di ottenere un singolo visto di ingresso apparentemente regolare ma per il quale erano richiesti oltre 7000 euro di compenso;
  • ricorso anche a forme estorsive e di minaccia nei confronti delle famiglie degli immigrati rimaste nei Paesi di origine allo scopo di riscuotere l’illecito compenso;
  • una parte dei soggetti immigrati individuati era giunta in Italia attraverso i varchi doganali di Trieste viaggiando in container o via mare dalla Sicilia;
  • individuazione di appartamenti e locali nella provincia di Bergamo, utilizzati quali “contenitori” di immigrati giunti in Italia, in attesa di essere regolarizzati;
  • utilizzo di documenti contraffatti e falsificati quale strumento per consentire a indiani, pakistani e bengalesi irregolari di eludere i controlli alla frontiera dotando loro di documenti intestati a familiari o personaggi dalle medesime caratteristiche somatiche;
  • localizzazione in Romano di Lombardia (BG) di un appartamento vero e proprio centro di distribuzione di documenti ed attestati falsi ed irregolari quali foto formato tessera, documenti di identità,  attestazioni mediche e  certificati di studio stranieri per i quali venivano chieste somme fino a 1000 euro.

 

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