IL TERREMOTO DEL BELICE. CINQUANT’ANNI FA IL RISVEGLIO SOTTO LE MACERIE.

15 Gennaio 2018: FONTE- Marina Militare –

Si mossero i Vigili del fuoco e arrivarono le Forze armate che si misero a disposizione. Anche la Marina militare mise in campo i suoi uomini e i suoi mezzi 

Fu la notte il 14 e il 15 gennaio del 1968 che l’Italia scoprì il Belice. Una zona talmente isolata che ancora oggi, a distanza di 50 anni, non è possibile dire con certezza quanti morirono sotto le macerie. Il sisma, di magnitudo 6,1, spazzò via in pochi istanti interi paesi della vasta area della Sicilia orientale compresa tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo. La Valle del Belice, dove il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è voluto tornare per
l’anniversario ringraziando «quanti ebbero parte nell’opera dei soccorsi e quanti avviarono il processo di ripresa», cambiò volto dopo il terremoto. Furono distrutti completamente Gibellina, Poggioreale e Salaparuta, nel trapanese, Montevago, in provincia di Agrigento, mentre Santa Margherita di Belice, Santa Ninfa, Partanna e Salemi ebbero gli edifici distrutti dal 70 all’80 per cento.

Tutta l’Italia si mobilitò per aiutare i terremotati. Si mossero le amministrazioni locali e le parrocchie, i volontari di tante realtà. Si mossero, soprattutto, i Vigili del Fuoco e arrivarono le Forze Armate che si misero a disposizione, con le loro competenze, per sgombrare macerie, impiantare tendopoli, ripristinare la viabilità, riattivare i collegamenti e ricercare gli infortunati. Anche la Marina Militare mise in campo i suoi uomini e i suoi mezzi. Facendo la spola tra le varie basi navali e le zone colpite, con le navi Stromboli, Urania, Vesuvio, Bergamini, Aquila, Altair ed Etna, trasportò viveri, materiale di disinfezione, vestiario, reparti e automezzi dell’esercito, materiale sanitario. Le unità della 61° Squadriglia Dragamine, Sgombro, Squalo e Storione, dettero rifugio ai sinistrati.

Sullo Squalo trovarono ospitalità un centinaio di persone tra cui 30 bambini, lo Storione accolse alcune gestanti per dare loro maggiore assistenza nel travaglio, lo Sgombro fece salire a bordo numerosi abitanti di Santa Ninfa e Gibellina che, per paura, non si erano rifugiati presso le scuole locali. Non solo, il Comando Militare Territoriale per il trasporto di materiale vario mise a disposizione due colonne con autoradio, pulmini, autobotti, campagnole, autocarri. Da Taranto, grazie a un ponte aereo dell’Aeronautica Militare, fu trasportata l’attrezzatura necessaria perché la Marina potesse allestire infermerie da campo per la prima fase dell’assistenza medico chirurgica e la tendopoli a Santa Ninfa dove trovarono rifugio 540 sfollati. La tendopoli, realizzata con strutture isolate dal terreno da piattaforme di legno impermeabilizzato, fu munita di una cucina da campo, di una stazione radio e di una pista per elicotteri per far atterrare i mezzi che facevano la spola tra l’aeroporto di Birgi e il  Centro di Santa Ninfa per trasportare generi di prima necessità.

Prima e dopo quell’evento, le Forze Armate, e tra esse la Marina, hanno sempre prestato immediato soccorso ai territori colpiti da calamità naturali, sia in Italia – ricordiamo l’alluvione del Polesine del 1951, quelle di Venezia, Rovigo e Firenze nel 1966, il terremoto del Friuli del 1976 fino ai recenti eventi sismici nelle regioni del Centro – che all’estero, come nel caso del terremoto in Turchia del 1999 o quello di Haiti del 2010.

TESTO E FOTOGRAFIE DI PROPRIETA’ – MARINA MILITARE – ITALIAN NAVY –

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